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Tempio di Giove

Tempio di Giove

Bidonì, altare di Giove

Si lascia la SS 131 all'altezza dello svincolo in prossimità di Abbasanta e si svolta per la SS 131 dir, direzione Nuoro. Percorsi pochi km, al bivio di Ghilarza si svolta a d. e si imbocca la SP 15; si attraversano i centri abitati di Boroneddu e Tadasuni, il fiume Tirso e si prosegue fino a Bidonì, Dal paese si prende la strada che porta verso il colle di S'Onnarìu (Monti Onnarìu) in direzione NE e la si percorre per circa 1 km.

Il contesto ambientale
I resti del tempio si trovano nel Barigadu, sul colle di S'Onnarìu (m 279 s.l.m.) che domina la vallata del riu Meana, affluente di s. del fiume Tirso.

Descrizione
La struttura monumentale, di pianta rettangolare (m 26 x 20), orientata N/O-S/E, è rilevabile esclusivamente a livello di fondazione delle murature, poiché con ogni probabilità i blocchi squadrati in vulcanite, con i quali venne costruito l'edificio, vennero riutilizzati in periodi successivi per l'edificazione delle vicine chiese di San Pietro (XII sec.) e di Santa Maria de Ossolo (XVI-XVII sec.), oltre che per la pavimentazione di un'aia di notevoli dimensioni (sa arzola 'e Onnarìu).
Il tempio è preceduto da una scalinata (?) terrazzata che permette di superare il dislivello tra il pianoro sommitale e la zona sottostante a S/E.
L'attribuzione dell'edificio alla massima divinità dei Romani, Iuppiter (Giove), si deve al rinvenimento in situ di un altare rupestre, collocato presso la scalinata, in asse col prospetto dell'edificio (a m 7,5 a S/E). Esso ha forma parallelepipeda e presenta un piano trapezoidale sul lato S/E, dove prendeva posto il sacerdote addetto alla cerimonia; nei due lati brevi, in uno spazio rettangolare incassato e incorniciato da fasce in rilievo, sono leggibili due brevi iscrizioni latine: "Dei" (?) e "Iovis", da intendersi con ogni probabilità "(ara) dei Iovis", ovvero "altare del dio Giove".
L'occupazione del sito risalirebbe ad un periodo compreso tra la fine del II sec. a.C. e la prima metà del I sec. a.C., come dimostrerebbero i rari frammenti di vasellame a vernice nera rinvenuti in superficie.
La presenza di un luogo di culto di Giove al confine con la "Barbaria" ha un preciso significato politico di affermazione della presenza romana anche nelle aree meno romanizzate dell'isola, essendo esso legato forse alla celebrazione di un trionfo dei Romani sui Sardi.
È probabile inoltre che la diffusione del culto di Giove in questa zona testimoni l'esistenza di un sincretismo tra la divinità romana e una divinità indigena, forse la divinità tauromorfa preistorica e protostorica.

Storia degli scavi
Nel 1997 la zona è stata oggetto di una ricognizione di superficie da parte di Raimondo Zucca e Armando Saba. Scavi archeologici sono in corso.

Bibliografia
R. Zucca, "Ave Iuppiter!", in [i]Sardegna fieristica[/i], aprile-maggio, 1997, senza pagine;
R. Zucca, "Un altare rupestre di Iuppiter nella Barbaria sarda", in L'Africa Romana. [i]Atti del XII convegno di studio [/i](Oristano, 12-15 dicembre 1996), Sassari, Gallizzi, 1998, pp. 1205-1211.

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